Anno 2010 La crisi si fa sentire, ma i politici sono distratti.

Coerenza cercasi

Otto giorni orsono, in occasione della discussione alla Camera sulla fiducia ( o sfiducia ) al Governo, abbiamo ascoltato interventi e proclami seriosamente pronunciati dai vari Leader dei partiti di opposizione.

Le motivazioni contenute nella “Mozione di sfiducia”, presentata e sottoscritta da Fli, UDC, API, condivisibili o meno, partivano da una considerazione chiara e lineare: la fine di questo Governo con le dimissioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Le dichiarazioni dei principali esponenti dei tre partiti in oggetto erano, pertanto, univoche nel constatare il “fallimento” della politica berlusconiana e la necessità di “ripartire” sulla base di un progetto di rilancio sociale ed economico dell’Italia al fine di uscire dalla crisi imperante ed evidente.

L’onorevole Casini, leader incontrastato dell’UDC affermava testualmente:
“In questi anni c'è stato un continuo di campagne acquisti, di acquisizioni, di piccoli movimenti che sono nati alla faccia del bipolarismo o del bipartitismo. Il tutto per debilitare il nostro partito a cui pure si rivolgono apparentemente appelli; è una strategia incomprensibile. Da domani, forse, questa strategia sarà fatta verso Futuro e Libertà per l'Italia, o è già in atto. Bene, qual'è l'alternativa? Perché il punto forte del discorso di Berlusconi è quando Berlusconi, ieri mattina, è andato al Senato e ha detto: qui mi vogliono mandare a casa. Ma quale alternativa proponete? Non c'è alternativa, dice Berlusconi. L'alternativa c'è Presidente Berlusconi, e io gliel'ho indicata in pubblico e in privato già da sei mesi. L'alternativa è che chi governa smetta e dismetta quel delirio di autosufficienza che ha e si rivolga alle forze responsabili del Parlamento in nome dell'Italia, in nome di quello che c'è realmente e non di quello che facciamo finta di non vedere. “

E ancora:
"Se Berlusconi si dimette prima del voto dell'aula alla Camera allora vuol dire che crede. - ”sembra essere arrivato dalla luna… – afferma da parte sua il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini – E’ stato un  discorso pieno di buoni sentimenti e di propositi, se l’avesse fatto il primo giorno di scuola, sarebbe stato meglio… Avrebbe avuto un senso solo se l’avesse fatto nel ’94”.

Nei giorni successivi annunciava  la costituzione del “Terzo Polo”, centrista, indipendente sia dal centrodestra, sia dal centrosinistra.

pubblicato il giorno martedì 21 dicembre 2010

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Sessantotto e duemiladieci

Riporto una breve sintesi riferita all'inizio della contestazione sessantottina:
"La presenza di giovani operai a fianco degli studenti fu la caratteristica anche del Sessantotto italiano, il più intenso e ampio tra tutti quelli dell'Europa occidentale assieme a quello francese. In Italia la contestazione fu il risultato di un malessere sociale profondo, accumulato negli anni sessanta, dovuto al fatto che lo sviluppo economico (il cosiddetto boom economico) e della borghesia, non era stato accompagnato da un adeguato aumento del livello sociale ed economico delle classi più basse.

L'esplosione degli scioperi degli operai in fabbrica si saldò con il movimento degli studenti che contestavano i contenuti arretrati e parziali dell'istruzione e rivendicavano l'estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata, i prodromi di quello che diverrà il sessantotto inizieranno a palesarsi nel 1966. La contestazione fu attuata con forme di protesta fino ad allora sconosciute: vennero occupate scuole e università e vennero organizzate manifestazioni che in molti casi portarono scontri con la polizia (si veda la manifestazione per la prima della Scala di Milano nella quale alcuni manifestanti chiesero la collaborazione della stessa polizia che, "doveva starsene a proteggere persone simbolo del consumismo".

Quella stagione l'ho vissuta in fabbrica e le conseguenze negative e positive si sono ripercosse negli anni successivi. Volevo solo ricordare come la situazione d'instabilità politica e sociale possa identificarsi con una generalizzata "rivolta" che, a sua volta, produce effetti non certamente auspicabili.Allora l'inizio ebbe i natali a Parigi con la il famoso "maggio francese", nel quale sempre gli "studenti" avevano, di propria "iniziativa"  dettato i tempi e i metodi della contestazione.Anche oggi sono gli studenti che hanno iniziato un percorso che, se non sufficientemente analizzato e controllato, può essere la miccia di ben altre "azioni". Mentre  gli operai, in condizioni di grave crisi sono ancora, bene o male, controllati dai sindacati e mostrano maggior prudenza.

Ma sino a quando ?

Il rischio che la "contaminazione" si allarghi è serio e non va sottovalutato, le eventuali infiltrazioni di provocatori sono sempre in agguato. I Partiti e le Istituzioni non cadano nella retorica della "sottovalutazione": non sono studenti lazzaroni, non sono gestiti dai centri sociali, non sono extracomunitari disperati. Riflettano i nostri politici e riflettiamo anche noi assieme a loro.

pubblicato il giorno martedì 30 novembre 2010

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I talebani di Facebook

Alcune volte, intervenendo sulle varie opinioni espresse in Facebook dagli amici, mi ritorna in mente la famosa favola di Fedro, imparata a scuola in tempi lontan,i che si riferisce ad un lupo ed un agnello che si stanno abbeverando nello “stesso ruscello”:
« Ad rivum eundem lupus et agnus venerant, siti compulsi.
Superior stabat lupus, longeque inferior agnus.
Tunc fauce improba latro incitatus iurgii causam intulit:
"Cur - inquit - turbulentam fecisti mihi aquam bibenti?"
Laniger contra timens:
"Qui possum - quaeso - facere quod quereris, lupe? A te decurrit ad meos haustus liquor."
Repulsus ille veritatis viribus:
"Ante hos sex menses male - ait - dixisti mihi".
Respondit agnus:
"Equidem natus non eram!"
"Pater, hercle, tuus - ille inquit - male dixit mihi!"
Atque ita correptum lacerat iniusta nece.
Haec propter illos scripta est homines fabula qui fictis causis innocentes opprimunt. »

Mi scuso se l’ho citata in latino, ma penso sia facilmente comprensibile da tutti.
In ogni caso mi riferisco ad alcuni “amici”, nel senso che hanno richiesto o ai quali ho chiesto l’amicizia, in ordine alle mie “convinzioni” ( non la chiederei certamente ad un dichiarato sostenitore del cavaliere, tanto per intenderci ) e con i quali mi auguro si possano scambiare opinioni rimanendo nell’alveo della buona educazione e nel rispetto delle reciproche personali “diversità”.

Mi accorgo invece che questa mia “convinzione”, in alcune situazioni, non è condivisa e, stranamente, proprio da parte di coloro con i quali, ritenevo, fossero sul mio identico fronte politico. Questi “talebani”, intolleranti e settari, non solo si permettono di “etichettarti” in modo superficiale e fazioso, ma non aiutano certamente alla crescita complessiva della comune “conoscenza”.

Una preghiera: se qualcuno degli “amici” che mi leggono trovano nei miei comportamenti un simile atteggiamento, sono pregati di farmelo notare e li ritengo autorizzati a cancellarmi dalla loro amicizia. Non vorrei essere considerato “il sopportato” !

pubblicato il giorno domenica 28 novembre 2010

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L’Economia e la Società

Siamo soliti criticare tutto e tutti, una volta tanto cerchiamo di vedere, cercando di essere obiettivi, la reale situazione del nostro Paese.

Siamo, volenti o nolenti, coinvolti in una “società globale”; come si usa dire: “a una farfalla che sbatte le ali a Tokio corrisponde un tornado negli Stati Uniti”.

La crisi finanziaria ed economica  che ha scosso le economie di tutto il mondo non ha lasciato indenne l’Europa e l’Italia. Il “vento della crisi” ha raggiunto Nazioni che, almeno sino a pochi anni orsono, sembravano “paradisi” economici, in pieno sviluppo e in situazioni migliori della nostra Italia.

Le speculazioni, e le conseguenti ricadute, hanno dimostrato la fragilità di queste  edificazioni; nazioni rette da maggioranze sia di destra sia di sinistra. Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda. La Germania ha saputo circoscrivere la crisi, molto meglio delle altre nazioni Europee, eppure è retta da un Governo abbastanza “conservatore”.

Allora poniamoci il problema: è una questione di “governi” o di “mentalità” ?

Se osserviamo attentamente le indicazioni “economico – finanziarie” che periodicamente ci sono fornite da indicatori internazionali, risulta che è pur vero che la nostra crescita è tra i “fanalini di coda” delle economie europee, ma comunque è pur sempre in crescita.

Allora la “cura Tremonti”, pur con tutti i suoi limiti e ricadute su alcuni settori della nostra società, è riuscita ad evitare disastri ancor peggiori?

Poiché è impossibile il riscontro con altre “cure migliori”, dobbiamo osservare che tutto sommato non abbiamo subito danni peggiori, sia pure tutti verificabili.

Destra e Sinistra difendono le “loro ricette”, ma, mentre la Destra le applicano, secondo la loro strategia, la Sinistra sino ad ora non ha contrapposto argomenti altrettanto convincenti su un impianto “economico” migliore che, rimanendo nell’alveo della linea virtuosa europea, determini migliori le condizioni e i risultati.

Pongo solo due domande alle quali vorrei che si rispondesse con trasparenza e sincerità:
    * -          il nostro debito statale continua a crescere, pur nelle strette finanziarie imposte dal Ministero dell’Economia. Siamo ad un passo dal superare i limiti imposti dall’Unione Europea. Come possiamo, se non rientrare, almeno attenuare tale crescita?
    * -          tutti asseriscono che il “Welfare italiano” ha necessità di essere rivisto e aggiornato alla luce delle nuove situazioni di tutela. Cosa s’intende per “rivisto”, quali limiti tale rivisitazione può avere senza incidere sui “diritti” consolidati e basilari?
    * -          come rilanciare la produttività e la concorrenza internazionale, senza renderci conto che la società lavoratrice è modificata in questi ultimi anni?

Domande forse imbarazzanti per una sinistra che si barcamena, senza scelte precise, tra la vecchia concezione “classista” e il futuro “produttore e consumatore”.

Solo una chiara “definizione” di questi “percorsi e obiettivi” potrà chiarire le “diversità” tra i due schieramenti permettendo ai cittadini di scegliersi il loro futuro.

L’ambiguità non ha mai risolto le principali questioni e continua a determinare confusione, incertezze e, infine, maggioranze parlamentari non in grado di affrontare “seriamente” e con determinazione i problemi nell’arco della loro legittima durata legislativa.

I nostri cittadini, gli elettori in buona sostanza, sono stanchi di confrontarsi sui “nomi” e non sui “programmi”. Vogliono proposte e obiettivi sui quali contare e, sui risultati concreti, potersi esprimere.

pubblicato il giorno giovedì 25 novembre 2010

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I nuovi 'martiri del lavoro'

Finita l’epoca della “leva obbligatoria”, siamo passati all’esercito dei “volontari”, professionisti delle armi e con il relativo addestramento per i compiti ai quali sono assegnati nell’esercito. Per molti giovani, specialmente nell’Italia meridionale, il reclutamento diventa uno spiraglio alla “disoccupazione” e “l’evasione” da una società tristemente gestita dalle cosche criminali: mafia, camorra, ndrangheta.

Un sia pur piccolo, stipendio che spesso serve all’andamento familiare: moglie, figli e genitori.
Le cosiddette “missioni di pace” incrementano ulteriormente tale stipendio e, conseguentemente, diventano l’occasione extra che per alcuni mesi consente loro di guadagnare qualche euro in più da inviare a casa.

Sono i nuovi “emigranti” di un Paese che si sente ricco e opulento, per pochi, e miserabile per molti altri.

Il Sud ha provato, negli anni del secondo dopoguerra, cosa significhi lasciare la casa, la famiglia e partire per trovare occupazione nelle fabbriche e nelle miniere d’Europa e del mondo.
In passato molte famiglie hanno provato a piangere i propri cari deceduti nelle oscure gallerie minerarie del Belgio o nelle viscere dei trafori alpini in Svizzera, come oggi altri piangono i “caduti” da impalcature, bruciati nelle fabbriche, asfissiati nelle cisterne.

A tutti questi dobbiamo aggiungere una nuova “categoria”: i martiri delle missioni di pace.
Con una differenza: se viene accertato dalla Magistratura che un datore di lavoro è responsabile degli incidenti mortali, è punito per quanto previsto dalla legge (anche se mai troppo severa, in verità), al contrario per questi nuovi “martiri” si dedicano solo elogi funebri, parole di circostanza, funerali di Stato, ma il datore di lavoro (i Governi) non è mai punito.

Anzi, si discute se il loro “lavoro” debba diventare ancora più pericoloso, per sé e per gli altri.
La bilancia della Giustizia pende sempre da una sola parte!

pubblicato il giorno lunedì 11 ottobre 2010

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La pericolosa deriva dei rapporti industriali

Alcuni giorni orsono, in un commento sulla situazione economico – sociale italiana, espressi la preoccupazione che il suo lento e inesorabile peggioramento determinasse tensioni sociali ancor peggiori di quelle che si produssero sul finire degli anni ’60.

Da alcuni fui tacciato di “pessimismo disfattista” contro deducendo che “maturazione” dei nostri concittadini fosse maggiore rispetto a quelli di quarant’anni orsono.

Ritengo, testardamente, che i riprovevoli fatti che hanno recentemente coinvolto le varie sigle sindacali siano solo il prodromo a un nuovo “autunno caldo” e con una maggior carica motivazionale.
Le cause che possono determinare una situazione pericolosa sono senza dubbio da ricercarsi nella “crisi economica” che ha coinvolto non solo il nostro Paese ma tutto il mondo produttivo. Proprio per tale motivo le “parti politiche e sociali” dovrebbero porre più attenzione e maggior prudenza. Scaricare tutte le responsabilità su “una parte” sindacale mi pare ingiusto e fuorviante.

Innanzitutto le forze politiche sono state, e lo sono tuttora, molto timide nell’esprimere un “progetto sociale” che tenga conto delle mutate condizioni industriali, lavorative e assistenziali. Come successe negli anni sessanta questo vuoto di “idee” è colmato da un lato dal “potere” industriale che coglie l’occasione di liberarsi di “orpelli” ritenuti contrattualmente troppo vincolanti e, dall’altro, dal “contesto” sindacale che si ritiene, a ragione o a torto, l’unico difensore dei diritti faticosamente acquisiti negli anni.

In questo frangente purtroppo manca la “coesione sindacale”, unica forza che può essere cofattore nella gestione delle “relazioni industriali”
.
Secondariamente, ma non per importanza, la supponenza o la tentata “furbizia” della classe industriale che ha emarginato, complice l’ottusità di una “controparte”, interlocutore sindacale non marginale nel nostro Paese.

Queste concause hanno favorito la nascita di un movimento “oltranzista” che alimenta la “nuova strategia della tensione” così com’è accaduto tanti anni orsono.

Da questa situazione non vedo chi possa trarre giovamento:
    * non il sindacato che con le sue “spaccature” perde credibilità e forza contrattuale;
    * non la classe industriale che perde l’occasione di avere una controparte compatta nell’affrontare i principali problemi produttivi globali;
    * non le forze politiche che intendono rappresentare i lavoratori e i pensionati, delegittimate e svuotate del loro ruolo.

Sono pertanto inutili e formali gli attestati di solidarietà richiesti o dichiarati da questa o quella fazione sindacale, occorrono, al contrario, interventi immediati e radicali. I sindacati rivedano le proprie posizioni senza isolarsi nelle vecchie rappresentazioni di parte, gli industriali riflettano sul tentativo di piccolo cabotaggio nell’”estorcere” qualche consenso parziale e le forze politiche rioccupino il loro ruolo programmatico d’indirizzo della nuova società al passo con i tempi.
Fermino, tutti insieme, la pericolosa deriva prima che possa diventare una“valanga”inarrestabile.

pubblicato il giorno giovedì 7 ottobre 2010

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Il bel tacer non fu mai scritto


Ho centinaia di “amici” su Face book che si dichiarano di sinistra tra i quali, molti, vicini o appartenenti al Partito Democratico, taluni addirittura esponenti sia a livello di partito sia amministrativo.

Mai, come in quest’ultimo anno, ho letto tante critiche e osservazioni, condivise, sul metodo con cui tale partito svolge la sua attività politica e parlamentare.

Secondo il mio modesto parere di “osservatore” la causa di questo malcontento e, in alcuni casi, di distacco dalla politica deriva da un fatto tanto semplice quanto incompreso dai suoi dirigenti: il parlar troppo.

Non discuto per niente sulle diverse posizioni che possono democraticamente esistere, ma nella pubblicizzazione “esasperata” e sin troppo personalistica con cui sono riportate all’attenzione dell’opinione pubblica.

Trovo assurdo che a ogni dichiarazione di questo o quell’esponente si contrappongano immediatamente distinguo incomprensibili ai più e sicuramente dannosi all’immagine per un partito che vorrebbe e dovrebbe essere il “punto di riferimento” per l’alternativa di governo.

In quest’ultimo mese, con l’ipotetica previsione di una caduta del Governo Berlusconi, abbiamo assistito a “duelli verbali” sui nomi dei futuri candidati della sinistra ( e mi ostino a voler ancora inserire il PD tra  tali forze ) con la presunzione di modificare dall’esterno norme e regolamenti propri di una forza politica.

Ogni “componente” dell’area di sinistra è legittimato a proporre la propria candidatura ma ciò potrà essere elemento di “trattativa” al momento degli accordi di coalizione.

Su questo punto ritengo che il primo a fare chiarezza sia proprio il Partito Democratico; l’ambiguità con cui ha lanciato, tempo fa, lo slogan delle “primarie” lo pone oggi in difficoltà di dialogo ancor prima che ci sia un’ipotesi di alleanze.

A tale e inconcepibile atteggiamento corrisponde immediatamente lo schierarsi delle diverse “fazioni” che enfatizzano i problemi creando immediatamente le “contrapposizioni” e le “correnti di pensiero”.

Probabilmente nessuno ha ancora detto a questi signori dirigenti che:

-          in primo luogo le questioni politiche vanno discusse all’interno del partito e democraticamente votate;
-          secondariamente, come logica conseguenza, che terminato il dibattito interno ci debba essere una linea coerente e una “faccia” che la rappresenti all’esterno.

Tutto ciò senza voler ledere il diritto al “pluralismo” che può e deve essere esercitato nei luoghi e nei modi appropriati.

Forse ci potranno essere minor critica e maggior convinzione da parte dei cittadini.

pubblicato il giorno lunedì 20 settembre 2010

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Calcio e Politica

Guardando le partite della nostra nazionale ai mondiali del Sudafrica, istintivamente ho fatto un paragone tra “calcio e politica”. Con l’ultima desolante partita, il paragone mi ha spronato a scrivere queste considerazioni.

Ho paragonato l’Italia fotbaliera all’opposizione parlamentare. Una squadra senza idee, senza regia e soprattutto con giocatori “cotti”, ormai sazi di essersi seduti sugli scranni parlamentari.
Una difesa composta di ex margheritini, distratti da problemi di “etica cattolica” prima che dal gioco d’insieme della squadra.

Un centrocampo privo di una cultura d’interdizione e d’idee di “rilancio”, affidato come regista a Di Pietro che cerca, con lanci lunghi, di servire gli attaccanti senza alcun risultato: è’ sempre fuori misura.

Un attacco composto da Veltroni all’ala destra e Baffino all’ala sinistra che cercano di far movimento per confondere gli avversari ( con poca fortuna, tuttavia ).

Mezze punte Bindi e Franceschini, poco incisivi. Attaccante Bersani che purtroppo non vede mai la “porta avversaria”, non vede i tentativi di assist di Di Pietro e, oltretutto, cerca di calmare le poche occasioni di sfondamento cercando di dribblare l’avversario rimanendo sempre “uccellato”.
Il vecchio allenatore, Prodi, rimasto ancora fermo al modulo del ’94, rimane seduto in panchina, immobile, fermo, in attesa che l’avversario “scoppi”.

A questo punto, la Nazionale è tornata a casa, all’opposto l’opposizione parlamentare rimane al suo posto, con tutto lo stipendio e irrisa dagli avversari e dai suoi stessi “tifosi”.
Non vi sembra che il paragone calzi?

pubblicato il giorno venerdì 25 giugno 2010

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Berlusconismo, Cesarismo = Fascismo

La notizia trasmessa ieri sera, 22 maggio 2010, dal TG3, di cui non ho trovato riscontro in alcun quotidiano nazionale, riguarda una Circolare Ministeriale emanata recentemente e indirizzata alle scuole del “Regno di Silvio”.

In tale Circolare, che ha valore nazionale, si “vieta” a tutti i pubblici dipendenti scolastici di esprimere pubblicamente opinioni e/o critiche contrarie alla “politica scolastica” del Governo.
Le sanzioni, per coloro che contravvengono tale direttiva, sono pesanti sino a “sospendere per un mese e senza stipendio”, l’incauto dipendente che voglia esprimere la propria e legittima opinione su leggi e disposizioni ministeriali ".

Non ho parole per commentare la notizia, così come rimango allibito che una simile forma di “censura”, paragonabile al “Minculpop” di triste memoria, passi inosservata dai principali “mezzi di comunicazione” nazionale.

Il Fascismo, oggi, non è più “camicia nera, orbace e littorio” ma qualcosa di più subdolo e strisciante che lentamente ci porta ad una “forma dolce di dittatura e di censura” del pensiero e della parola.
Meditiamo, cari amici, meditiamo.

pubblicato il giorno sabato 22 maggio 2010

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Politique d'Abord - Il libro di Giovanni Scirocco

Caro Giovanni
Ho ascoltato con molto interesse la presentazione del tuo libro Politique d'Abord che acquisterò sicuramente per leggerne il contenuto completo. La presentazione fatta sia da Marco Brunazzi, sia da te, ha interessato moltissimo circa il periodo storico dell'immediato dopoguerra in riferimento alle posizioni della " sinistra". 

Scusa se non ho potuto soffermarmi sino alle risposte che senza dubbio saranno state date agli interrogativi posti dai presenti ( in verità molti fuori tema, secondo il mio giudizio ). Rimango sempre curioso, invece, sul tuo pensiero relativo all' influenza, che potrebbe aver interferito nelle scelte di Nenni, la sua "educazione poltica" che giustamente da Marco é stata definita ottocentesca.

 In buona sostanza quanto la cultura "anarchica", imperante nel secondo ottocento, corroborata dalla presenza di Nenni in Francia in ambienti nostalgici della "Comune" e del "Giacobinismo" abbia influito sulle sue convinzioni "rivoluzionarie" tanto da farlo decidere per il famoso "Fronte Popolare" con il PCI, convincendo persino il "riottoso" Togliatti.

Purtroppo la sciagurata scelta ha determinato , come é stato giustamente sottolineato, un pesante handicap nei confronti del dialogo con le altre forze politiche socialiste europee, ma soprattutto ha fatto perdere al PSI il "primato"della sinistra dopo il 1948.
Leggerò il tuo pensiero con molto piacere.

pubblicato il giorno giovedì 20 maggio 2010

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Il dibattito su: "Dopo il raduno Nazionale degli Alpini - Considerazioni di un bergamasco anomalo"

Come accade sovente, da una riflessione che voleva produrre dibattito non "partitico o partigiano", ne scaturisce una forma d'intolleranza di "bandiera". La mia "presunzione" era quella di comprendere senza polemizzare.

Probabilmente, molti hanno confuso la mia "curiosità" come una reprimenda nei confronti degli Alpini e della loro cultura. Mi dispiace ma tutto ciò conferma, ce ne fosse bisogno, che la "coerenza" è un "optional" di cui ciascuno decide di usufruire o meno.

Le parole che il "Presidente ( comunista, ovviamente ) della Repubblica ha pronunciato ieri a Marsala, confermano che la mia "sensazione" non è generata da improvvisazione ma da una preoccupazione che aleggia in molti italiani.

Forse qualcuno dovrebbe sciogliere questo "nodo" e chiarire, senza tentazioni "elettoralistiche" il vero e sincero pensiero degli amici leghisti. Non mi aspetto che siano i "Dirigenti del partito", ma almeno dai loro elettori.

Ci siamo adeguati ad una classe politica "ermetica e utilitaristica" e con questo criterio etichettiamo coloro che pensano in modo difforme e si pongono "ragionevolmente" i dubbi.
Mala tempora currunt !


pubblicato il giorno mercoledì 12 maggio 2010

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